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Viaggio alla ricerca del significato del judo.

 

 

viaggio

 

 

 

 

N.b.: Questo articoletto è pensato per persone che praticano judo. Tutti lo possono ovviamente leggere, ma do per scontato che il lettore conosca il significato di alcuni termini specifici e abbia una conoscenza del judo almeno generale, anche se tutte le informazioni possono essere facilmente raccolte in rete. Mi perdoni il lettore non praticante!

Quando ci approcciamo a una qualsiasi delle attività che facciamo giornalmente, lo facciamo con un preciso scopo. Andiamo al lavoro perché è necessario al nostro sostentamento, mangiamo per placare l’appetito, facciamo una partita a briscola perché ci piace divertirci con gli amici. Lo scopo, in questo caso, è di carattere intimo e personale: è l’utilizzo che noi facciamo di un dato oggetto o di una data attività. Non sempre l’utilizzo di quell’oggetto è coerente con il fine per cui è stato creato. Ad esempio, possiamo utilizzare un’auto per trainare un rimorchio, un trapano per mescolare la pittura, o ancora possiamo servirci di una partita a briscola vinta come pretesto per umiliare un nostro compagno. Ciò non significa che il diverso utilizzo di una data cosa sia sbagliato, o che non vada bene per niente, ma significa che usare le cose per uno scopo diverso dal loro non ci permette di capirne l’intima natura; significa, inoltre, che non potremo trarre da esse il massimo beneficio. Un’auto si apprezza principalmente per la comodità che fornisce ai passeggeri in viaggio, un trapano per fare fori e una partita a briscola per il piacere di stare insieme.

In questo senso, insegnando ad allievi di ogni età già da qualche anno, e praticando con vari compagni da oltre vent’anni, ho potuto raccogliere una serie di molteplici motivazioni che portavano le persone a fare judo: dal ragazzino che voleva imparare a picchiare, alla persona che praticava per passare un paio d’ore in compagnia (e magari allenare più la lingua del resto del corpo), a chi veniva perché c’era anche la morosa, eccetera. Tutte quegli stimoli sono validi a livello personale, ma mi sono chiesto: quanto sono validi per comprendere l’intima natura del judo e trarne il massimo profitto?Dice un versetto biblico che “l’albero si vede dal frutto”, così il frutto ottenuto dalla maggior parte delle persone che sono state mie compagne di pratica in questi anni, si è concretizzato nel loro allontanamento dalla palestra. A ben vedere, di coloro che hanno iniziato con me sono l’unico sopravvissuto dopo tanti anni. Perciò, cosa fa la differenza? Perché loro hanno smesso e io no?

Se loro hanno smesso probabilmente il loro albero, o la loro motivazione, non erano buoni, nel senso che non hanno visto nel Judo un valore per la loro vita, non ne hanno scoperto gli aspetti più nascosti, i più difficili ma anche i più affascinanti.

Questo è un aspetto per me particolarmente interessante come insegnante, perché se è vero che serve un po’ d’impegno nel cercare di comprendere le cose, è anche vero che è molto difficile leggere un libro se non ne conosciamo la lingua. E’ compito del maestro di conoscere lui stesso il linguaggio, che poi trasmetterà agli allievi. Sono le chiavi per comprendere quel che insegna.

Poste queste premesse, avviciniamoci al nocciolo: il Judo è come un bellissimo libro di cui si è persa gran parte della capacità di comprenderne il contenuto. Per continuare nell’analogia, oggi riusciamo a capire le figure, come fanno i bambini. Ovvero, chiunque può imparare e poi insegnare il “go-kyo” (l’insieme di tutte le principali tecniche del Judo), molti possono arrivare a una ottima preparazione tecnica, ma nonostante ciò non aver compreso il perché degli esercizi e delle stesse tecniche.

La domanda che si dovrebbe porre il judoka di lunga data (e l’essere umano in generale) non è come, ma perché. In questo modo siamo costretti ad andare oltre il significato apparente delle cose.

 

 

 

Perché le gare?

 

judo gara

 

Posso allenarmi duramente fino a diventare un campione olimpico, ma è forse questo lo scopo ultimo del judo? No, non lo è. Lo dico con la certezza di chi è ormai fuori dal giro dell’agonismo da molto tempo, ma continua a crescere grazie alla pratica del Judo. Un atleta per quanto tempo può mantenere le sue abilità e la sua forza? E poi? Il Judo diventa inutile?

L’obiettivo agonistico, se pur condivisibile ed auspicabile in un atleta, non può esser l’unico che il judoka si pone, sarebbe come dire che vado a lavorare per il solo piacere di guidare la macchina al mattino: una volta arrivato che ne faccio delle ore fino al mio rientro? Quello è il vero scopo della giornata!

Allo stesso modo, la pratica agonistica va vista nella sua reale dimensione e lo scopo ultimo di una scuola di Judo, così come delle varie federazioni che raccolgono i club, non può essere unicamente quello agonistico. Questo è secondo me un aspetto che oggi va fortemente ridimensionato.

C’è anche un altro aspetto importante da considerare: i regolamenti. Certo, sono necessari ma vanno redatti nel modo giusto. Un regolamento deve promuovere la completezza del Judo ed essere traccia di codice morale, non andare dietro ad esigenze di marketing della disciplina o di visibilità televisiva. Se per fare questo tolgo per regolamento pezzi di Judo (come nel caso del divieto di presa ai pantaloni), che di fatto cancellano tecniche complete, si arriva al risultato che le stesse tecniche non verranno più insegnate nelle palestre, perché tanto i ragazzi non le potrebbero utilizzare in gara! Beh allora è evidente che ci troviamo di fronte a un pessimo regolamento, è un regolamento che dimostra come i suoi redattori siano lontani dalla idea originale del Judo. Un regolamento che con i suoi tagli decurta e sminuisce la varietà tecnica della sua disciplina è un esercizio suicida nel lungo termine, proprio in nome di quel marketing che vorrebbe promuovere.

Il Maestro Kano stesso ci ha lasciato nei suoi scritti la traccia di come intendesse le competizioni, ovvero (semplifico ma non me ne vogliate, la versione integrale si trova nei libri del Maestro Kano) un momento di confronto e di allenamento al combattimento reale (la pressione psicologica è diversa da quella dell’allenamento di palestra e l’errore non è permesso), nonché un esame per valutare il miglioramento ottenuto ed allenare il reciproco rispetto. Alla luce di questo ragionamento, possiamo sostenere che è moralmente inaccettabile vedere atleti e tecnici lasciarsi andare in manifestazioni di estrema gioia in caso di vittoria o proteste e gesti antisportivi in caso di sconfitta. Costoro hanno perso di vista lo scopo e stanno percorrendo una via che non è il Judo. Ecco che il Judo esce dal dojo e con una corretta visione dell’attività agonistica diventa ricchezza personale, fatta di tempra di fronte alle difficoltà ed agli imprevisti, gestione delle emozioni e autocontrollo.

 

 

 

 

 

Perchè il “go-kyo”?

 

gokyo

 

Ridimensionato il discorso gare, la domanda sul “go-kyo” non è di risposta scontata. Anche perché come insegnante io cerco di insegnarlo a tutti, agonisti e non. Quindi il suo valore non è da vedere nella preparazione all’atto competitivo, ma come addestramento personale del corpo e soprattutto della mente, tramite la preparazione fisica e l’impegno nello studiare i principi delle tecniche.

Ci sono più modi per insegnare quelle quaranta tecniche: c’è chi le propone una per una, a compartimenti stagni in modo che chi le affronta sia portato a cercare di imparare quaranta tecniche con le loro sequenze di movimento (ma veramente si possono memorizzare tanti dettagli?); oppure posso presentarne i principi e le classificazioni, seguiti da due o tre applicazioni del principio (forme tecniche): in questo modo avrò le chiavi di lettura delle tecniche come applicazione del principio, il che mi permetterà un’agevole pratica.

Non è raro vedere allievi inesperti, che dopo aver appreso un principio trovano spontaneamente forme tecniche molto simili a quelle catalogate, ma mai spiegate. Ecco dunque la vera ricchezza del “go-kyo”. Da notare che questo tipo di approccio porta il Judo fuori dalla materassina nella coltivazione di una forma mentis, una struttura di pensiero in grado di fornire al praticante gli strumenti per risolvere in modo più efficace i tanti problemi della vita quotidiana. Il Judo è filosofia di vita.

 

 

 

 

Perché il kata?

 

judo kata

 

Questa è una domanda che mi sono posto molte volte, soprattutto nella preparazione agli esami di graduazione (passaggio di “dan”). So che, fortunatamente, non è così dovunque, ma nella mia piccola realtà il kata è sempre stato visto come un male necessario, per il disgraziato che decideva di preparare un esame di “dan”, invece della raccolta di punti in gara. Quindi, è sempre stata quasi una tortura il dover imparare quei balletti tecnici alla perfezione, con una domanda che ronzava nella testa: a cosa serve? Hanno un significato? Perché il Maestro Kano li ha inseriti nel suo Judo?

Non credo che la risposta giusta fosse: “studi i kata per superare un esame”. Un esame ha lo scopo di valutare l’apprendimento delle materie fondamentali, i kata hanno grande importanza altrimenti non persisterebbero a tutt’oggi nei programmi di esame.

Forse i kata sono utili (o necessari) a preparare una carriera agonistica di chi non si vuole dedicare allo “shiai”? Sono fortemente propenso a credere di no. Le gare di kata sono un evento molto recente nella storia del Judo, senza nulla voler togliere a chi decide di percorrere questa strada (ed in verità ho visto i nostri atleti regionali eseguire bellissimi kata), lo scopo non è certo di far vedere ad una giuria quanto si è bravi.

Credo sia un esempio di utilizzo di una cosa nel modo sbagliato. Lo stesso Maestro Kano affermava che il Judo è composto da “randori” e “kata”, vedeva nelle due componenti un’importanza quasi paritaria: è quindi sbagliato voler scindere le due parti. Io penso che nei kata, il Maestro Kano abbia inserito tutto quello che non è nel go-kyo, ovvero, se con lo studio dei principi tecnici impariamo una tecnica è altrettanto vero che non necessariamente impariamo come eseguirla in “randori”. Per questo esistono i “randori no kata”, così come esistono i kata superiori per dare traccia e dimostrare quei principi che trascendono la materassina ed entrano nel quotidiano delle persone.

Sono veri e propri libri scritti però in un linguaggio che per noi è di difficile comprensione. Il linguaggio del corpo utilizzato in quei kata richiede un’interpretazione particolare, che, a sua volta, per esser compresa del tutto necessita della conoscenza profonda della realtà culturale che il Maestro Kano viveva. Io non conosco il significato di tutti i kata, è il percorso che sto faticosamente cercando di fare, ogni volta che ho l’opportunità di studiare con un buon “uke”. Inoltre, mi manca un maestro in grado di spiegare bene queste cose. Ho conosciuto e apprezzato molti tecnici, ma mai nessuno mi ha aiutato in questo senso, forse perché il tempo trascorso insieme era troppo poco e troppo vincolato all’argomento di un corso. Credo che sia vitale fare corsi specifici su questi argomenti, corsi che nella nostra Federazione non sono mai stati proposti e che invece in altre realtà (molto meno “agonistiche” della nostra) esistono.

Molte volte mi è stato brillantemente spiegato il come eseguire un kata (e per questo le occasioni ci sono e sono valide) ma mai perché. Purtroppo il perché è la domanda che subito sorge dopo il come, fa parte della natura dell’uomo. Si può ben affermare che i “kata” sono i “densho” (libri fondamentali) del judo, nei quali il Maestro Kano ha riposto i suoi più importanti segreti. Di quei segreti solo due concretamente riguardano la pratica in palestra, gli altri hanno un messaggio che parla all’anima dell’uomo.

 

Ecco come il Judo, inteso nella sua completezza, esce dalla dimensione dell’attività sportiva e diventa scuola di vita e di pensiero, un prezioso strumento per condurre le nostre vite.

 

Il mio intimo augurio è che si possa in futuro relegare al loro vero significato le pratiche legate alla visione solo sportiva del judo, che si possa uscire da questa dannosa mentalità che ad oggi pervade il judo nazionale, nonché rimettere l’uomo e non il gesto al centro del Judo. Tanti praticanti che magari ignorano queste possibilità ne avranno la vita migliorata e questa è, ne sono certo, la più bella delle medaglie.

 

 

Enrico

 

 

 

 

La difesa personale come attività fisica

 


 

La difesa personale non è solo imparare a tirare pugni o calci, ma è anche movimento e benefica attività fisica

 

E’ molto divertente conoscere ciò che pensa la gente della difesa personale. Se ne possono sentire davvero di tutti i generi, dal pensiero “mi insegnano a picchiare, intanto le prendo”, passando per “non mi interessa, non voglio tornare a casa con le ossa rotte”, fino a “non mi piacciono le zuffe”.

In buona parte dell’immaginario collettivo, l’attività chiamata difesa personale o autodifesa è ricondotta al principio del picchiarsi. Questa idea non è corretta.

Nelle grandi città, i corsi di difesa personale hanno un buon numero di iscritti, in parte perché la necessità di imparare a difendersi è più sentita, in parte perché le persone desiderano acquisire maggiore sicurezza in loro stesse.

La difesa personale deriva dalle discipline marziali, che per prime si sono occupate nella storia del problema di come difendersi. Per la proprietà transitiva, i corsi disponibili nelle varie palestre propongono tecniche e percorsi direttamente mutuati dalle arti marziali, studiate da chi le insegna. Ogni arte marziale ha quindi un suo percorso di studi specifico, relativo all’auto difesa.

Non ci sarebbe da stupirsi perciò se qualcuno dicesse “palestra che frequenti, difesa che trovi”.

La difesa personale non è solo imparare un’arte, ma è anche attività fisica, benefica per il corpo.

In linea di principio, chiunque può approcciarsi allo studio della difesa personale, secondo le sue capacità e le sue attitudini. Sarà poi obbligo dell’istruttore, proporre esercizi idonei all’allievo.

Un buon corso di auto difesa prevede una cospicua parte di riscaldamento, con esercizi di ginnastica preparatoria e stretching. Di seguito, si passa agli esercizi sui principi di “posizione-movimento-spostamento”. E’ necessario educare il corpo ad eseguire azioni che, di solito, soprattutto nella vita sedentaria, non fa. Anche questi esercizi, che si ripetono numerose volte, sono di natura ginnica e quindi salutari per il fisico.

Dopo avere meccanizzato i movimenti fondamentali, si passa tranquillamente ai movimenti specifici e via via più complessi, peculiari dell’auto difesa. Si impara a schivare, parare, disimpegnarsi da prese e coercizioni.

E’ bene precisare che non si impara a partecipare ad una volgare rissa da discoteca o da strada. La filosofia, alla base di questi esercizi, insegna ad evitare la violenza e non a farsi travolgere da essa. In questo senso, si ricreano le situazioni più vicine alla realtà, in modo da affrontare anche psicologicamente eventuali aggressioni. Si rinvigoriscono l’attenzione e la concentrazione.

Ogni esercizio viene ripetuto più volte, per permettere al nostro fisico di assimilarlo e utilizzarlo in caso di necessità. Si suda durante la lezione, si fa salire il battito cardiaco, a tutti gli effetti è un attività fisica proficua.

Il corpo umano ha bisogno di essere sempre tonico, reattivo e armonico nei suoi movimenti. A maggior ragione, il corpo deve essere pronto in situazioni di bisogno.

Oltre ai benefici aerobici, ognuno può valutare vantaggi di carattere umano, infatti durante le lezioni di difesa personale si creano prima conoscenze e poi amicizie vere e proprie.

Da ultimo e non meno importante, si imparano e consolidano attitudini di rispetto, solidarietà, serenità. Proprio quel che succede studiando le arti marziali, specialmente le più antiche.

 

Luca Comandini, istruttore MGA

I benefici effetti dellattività judoistica

 

motto del judo

 

Il judo è una disciplina nata in Giappone, ufficialmente nel 1882, quando il suo ideatore prof. Jigoro Kano, ne ha ottenuto riconoscimento ufficiale ed ha potuto aprire un suodojo(ovvero il luogo dove si studia, dove si pratica). Il prof. Kano è stato, allo stesso tempo, studioso e appassionato, ha desiderato ideare una disciplina marziale che fosse efficace sia per il corpo e sia per la mente.

 

JUDO significa letteralmentevia della adattabilità, queste parole indicano il principio principe di studio e di pratica di tutta la disciplina. Il judo non è forza bruta, ma è flessibilità, capacità di adattamento e utilizzo dellenergia nel miglior modo possibile.

 

Il Judo, oggi praticato in tutto il mondo e in tutti i contesti, dalla società sportiva amatoriale alle forze armate, nasce dallo studio di un'altra arte giapponese storica, il Ju-Jitsu, praticata da secoli dai samurai. Il Ju-Jitsu è stato sempre conosciuto come la vera arte di difesa e di combattimento in Giappone, ma solo prima che nascesse e si diffondesse il Judo.

 

Il prof. Kano ha valorizzato nel Judo le tecniche più efficaci del Ju-Jitsu, ha inserito le tecniche che meglio si adattavano al metodo educativo che voleva istituire, intraprendendo in tal modo un percorso positivo e di crescita. Il prof. Kano ha iniziato per se stesso uno studio ai fini di imparare a difendersi, poi con il progresso personale ha creato un metodo educativo che porta, tramite la pratica del jujitsu, al miglioramento personale e di gruppo. Nella pratica del Judo, gli allievi studiano insieme i principi e le tecniche, non esistono nemici o avversari ma solamente persone che imparano e progrediscono insieme, nel rispetto reciproco.

 

Il motto del Judo èla massima efficaciadelle azioni e delle tecniche,prosperità e mutuo benessererelativi alla pratica e alla socializzazione di allievi e istruttori. Queste le parole del prof. Kano:la massima efficacia nellutilizzazione dello spirito e del corpo è il principio fondamentale che regge tutte le tecniche del judo, ma è anche qualcosa di più. Esso può essere applicato a migliorare il corpo umano, rendendolo forte, sano e utile, costituendo così uneducazione fisica. Può incrementare la forza intellettuale e morale, diventando una forma educativa e parimenti può essere applicato a perfezionare gli organismi sociali, () costituendo così il modello di un arte di vita. () Pertanto la visione completa del judo consiste nellallenamento dello spirito e del corpo, ma anche in una regola ispiratrice nei rapporti con gli altri e nel lavoro.

 

Lallenamento si svolge partendo dalla ginnastica preparatoria, generale e specifica. Si privilegiano gli esercizi che attivano tutti i muscoli del corpo, in tutte le direzioni, nel rispetto della fisiologia umana e delle sue possibilità.

 

I movimenti proposti intendono migliorare la postura, incrementare agilità ed equilibrio. Laumento della massa muscolare è una delle positive conseguenze legate agli esercizi preparatori e specifici dellattività judoistica. Il fisico è educato alla memorizzazione di movimenti elementari e via via più complessi, che con la meccanizzazione degli stessi rendono il praticante idoneo ad affrontare situazioni di stress fisico e mentale. Lo studio del combattimento, in piedi e a terra, permette di imparare tecniche di difesa e di attacco, ma soprattutto crea dei precedenti psicologici positivi, da utilizzarsi in casi reali, quando lo stress mentale può creare seri problemi di comportamento. Gli allievi si abituano a gestire momenti di pressione e di fatica, a superare le difficoltà che di volta in volta si presentano.

 

I praticanti si alternano nel ruolo di “tori” (colui che esegue la tecnica) e di “uke” (colui che subisce la tecnica), in modo da permettere ad entrambi di provare e d’imparare i movimenti e le azioni. Gli allievi imparano a conoscersi e a socializzare, si rendono conto che il benessere e la sicurezza della persona con cui si pratica, sono importanti come le proprie.

 

Questo continuo apprendimento di nuovi schemi motori e allenamento in un'attività che non è mai uguale a se stessa ma varia a seconda dell'esperienza, delle capacità fisiche e della personalità dei nostri compagni, educa profondamente la personalità dei praticanti ad uno spirito di umiltà (si impara che tutti hanno qualcosa da dare e non si è mai i migliori in tutto), di collaborazione (impossibile praticare proficuamente senza la fattiva collaborazione del proprio uke), di rispetto reciproco. Questi risultati, ottenuti sul “tatami” (la materassina del dojo), ci accompagnano nella vita di tutti i giorni, vengono applicati ad ogni situazione sociale, familiare, lavorativa, e rappresentano il vero scopo del judo, il quale oltre che un efficace strumento di sviluppo fisico e oltre ad essere una valida scuola di arti marziali, si dimostra anche scuola di preparazione morale e sociale di gran valore.

 

Non si pensi però che il Judo sia una pratica semplice, al contrario, come molte arti marziali presenta notevoli difficoltà, evidenti e nascoste, chiedendo a coloro che si presentano nel dojo una buona dose di curiosità, impegno e umiltà, contributo che ognuno deve portare in prima persona per avvantaggiarsi dei benefici di questa disciplina.

 

 

Luca Comandini

 

Presidente Judo Club Cesena 1964

 

 

 

Enrico Tamburello

 

Insegnante tecnico

 

 

 

 

 

Suggerimenti per approfondire:

 

Judo Kodokanedizioni Mondadori 1977, 1993

 

Fondamenti del Judo, Jigoro Kano, Luni editrice 2013

 

Da cintura bianca a cintura nera nelle arti marzialiTommaso Betti Berutto, Nuova Edizione Spada 2000

 

 

 

IL CORSO DI JUDO


IL CORSO DI JUDO A SETTEMBRE RIPRENDE

E SUBITO LA MIA MUSCOLATURA SI TENDE

SE A OTTOBRE NON SOSPENDO L’ALLENAMENTO

TUTTO IL MIO FISICO NE TRARRA’ GIOVAMENTO

SE ANCHE TUTTO NOVEMBRE IL TATAMI FREQUENTO

SARO’ MOLTO PIU’ SLEGATO IN OGNI MOVIMENTO

SE CONTINUO GLI ALLENAMENTI FIN DOPO NATALE

FARO’ TUTTE LE CAPRIOLE E LE CADUTE SENZA FARMI MALE

SE ARRIVO A PASQUA SENZA FERMARMI MAI

CHI POTRA’ BATTERMI NEL DE ASHI BARAI ?

SE CONTINUO FINO A PRIMAVERA INOLTRATA

TUTTI STARANNO ATTENTI ALLA MIA SPAZZATA

SE A FERRAGOSTO SARO’ ANCORA SUL TATAMI

CHI POTRA’ RESISTERE AL MIO UDE GARAMI ?

SE COMPLETO LE LEZIONI FINO ALL’AUTNNO

NELL’O GOSHI SARO’ IL MIGLIORE ALUNNO

E DOPO UN ANNO DI JUDO CLUB CESENA FREQUENTATO

NON AVRO’ PIU’ PAURA DI NESSUN MALINTENZIONATO

SERENO ( 2013)

Esistono in Italia diverse realtà legate al mondo dello sport, spesso la conoscenza di dette realtà è solo superficiale ed occasionale da parte degli utenti ma ha una grande importanza perchè determina in modo sostanziale il percorso sportivo e la sicurezza del praticante.

Ci sono molte associazioni, federazioni che vantano la pratica delle arti marziali, ma sono tutte uguali e paritarie? Quale è la "vera" federazione e perchè dovrei volermi tesserare ad essa?

Cerchiamo di dipanare la matassa...

A livello internazionale l'attività sportiva è coordinata dal CIO (comitato olimpico internazionale), che detta i regolamenti generali ed organizza le competizioni a livello mondiale di tutti gli sport, tale compito è esercitato in Italia dal CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano). Nell'ambito del judo l'organismo di riferimento è l' IJF (international Judo Federation), segue la EJU (European Judo Federation) a livello europeo che è l'unione delle federazioni nazionali del settore.

A livello nazionale l'unica federazione riconosciuta dal CONI e dall' EJU è la FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali).

Compiti e finalità della FIJLKAM sono esaurientemente esposti nello Statuto: la Federazione è costituita dalle Società, dalle Associazioni e dagli Organismi affiliati, che svolgono - senza scopo di lucro - le attività sportive e promozionali del Judo, della Lotta, del Karate, del Ju Jitsu, dell’Aikido e del Sumo; sono anche riconosciute le lotte tradizionali S’Istrumpa e Capoeira.

Si tratta di sport praticati a livello dilettantistico, in armonia con le direttive e gli indirizzi delle rispettive Federazioni Internazionali, del CIO (Comitato Internazionale Olimpico) e del CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano).

La FIJLKAM ha, quindi, il compito istituzionale di promuovere, organizzare, disciplinare e diffondere gli sport controllati dalla International Judo Federation (IJF), dalla Fédération Internationale des Luttes Associèes (FILA), dalla World Karate Federation (WKF) e dalla International Sumo Federation (ISF), alle quali è affiliata e dalle quali è riconosciuta come unica rappresentante in Italia.

La FIJLKAM è Associazione a carattere nazionale senza scopo di lucro e, ai sensi del Decreto Legislativo n. 242 del 23 luglio 1999, gode di personalità giuridica di diritto privato.

La FIJLKAM è la sola federazione riconosciuta ed autorizzata dal CONI a disciplinare e gestire in Italia l’attività sportiva e promozionale (nelle discipline che abbiamo prima indicate) ed a rappresentarla all’estero.


Quindi praticare presso una società FIJLKAM è importante perchè:

- l'allievo può accedere a tutte le competizioni nazionali ed internazionali, fino ad arrivare alle Olimpiadi. Atleti di altre federazioni possono partecipare solo agli eventi indetti dalle loro organizzazioni che non sono i "veri" campionati italiani od europei

-il personale docente delle società è formato secondo rigidi criteri e sottoposto ad annuali corsi di aggiornamento tecnici per la loro disciplina, garantendo così un livello sempre alto di preparazione, riconosciuto a livello internazionale. Quale altra federazione può dire altrettanto?

-il grado conseguito è riconosciuto in tutto il mondo, mentre quello raggiunto presso altre federazioni ha validità solo interno alla federazione stessa.

Una palestra FIJLKAM da un'opportunità in più!

Prendi il treno giusto, parti con la FIJLKAM ed il Judo Club Cesena 1964!